L’analisi delle ricerche online su argomenti legati ai farmaci e più in generale alla salute restituisce un’esaustiva fotografia dell’odierna società italiana.
Il primo elemento che emerge è che l’accesso a milioni di informazioni di natura sanitaria, grazie a Internet, spinge le persone sempre più spesso all’autodiagnosi, non necessariamente però corretta.
Non a caso tra le frasi più frequentemente ricercate su Google.it si trova “come leggere le analisi del sangue”.
Le ricerche online nell’ambito della salute sono condizionate anche da notizie e fatti di cronaca, che nell’ultimo anno non sono mancati.
Il caso di DJ Fabo ha riacceso l’interesse sul tema dell’eutanasia, prima ancora i vaccini contro la meningite e poi sul morbillo hanno rappresentato un argomento di discussione su più livelli.
Così pure l’utilizzo della cannabis per scopi terapeutici e ancora prima la vendita online dei farmaci da banco.
Tra le parole più cercate su Google Italia negli ultimi 5 anni, per la categoria farmaci, troviamo “effetti collaterali antibiotici”, “tachipirina”, “augmentin”, ma anche “xanax”.
Quest’ultimo, uno dei farmaci ansiolitici più diffusi sul mercato, ha evidenziato una forte crescita nell’interesse da parte degli utenti web dal 2004 ad oggi (grafico 1).
L’incremento delle ricerche sembra andare di pari passo con l’aumento di chi è in difficoltà nel trovare un impiego in Italia. La correlazione tra le ricerche su Google della parola “xanax” e il tasso di disoccupazione è pari a quasi il 60%.
Questo risultato evidenzia chiaramente come la crisi abbia colpito nel profondo l’Italia, sia sul piano economico-finanziario sia su quello delle relazioni sociali.
Fake news nel campo medico
Nell’analizzare le informazioni in campo medico che attirano l’attenzione degli internauti possono essere individuati altri fenomeni sociali, legati soprattutto alle cosiddette fake news, ovvero quelle notizie prive di fondamento scientifico e/o riscontro oggettivo che diventando virali sul web e sui social media sono poi difficili da sradicare.
Al riguardo è utile osservare l’andamento delle ricerche online di informazioni inerenti gli effetti collaterali dei vaccini.
Dal 2004 ad oggi si nota un picco d’interesse in corrispondenza di novembre 2009. In quello stesso periodo Ewa Kopacz, ministra della sanità del governo polacco, pronunciò un discorso pubblico in cui mise in dubbio l’efficacia dei vaccini contro l’influenza H1N1 e accusò le case farmaceutiche internazionali di mettere in atto una vera e propria truffa.
Il discorso fu ripreso in tutte le lingue e pubblicato sul web, diventando in poco tempo virale. Oltre a tale caso specifico, comunque, i timori sugli effetti collaterali dei vaccini permangono negli italiani, come si può vedere dalla tendenza crescente delle ricerche nel periodo più recente.
Web e psicosi collettive
Se per i vaccini antinfluenzali, oppure per la protezione da malattie infettive che colpiscono in particolare i bambini, come il morbillo, sembra prevalere la diffidenza alimentata dalle false notizie, dall’altro lato il web può costituire anche uno strumento per intensificare alcune psicosi.
È il caso ad esempio della meningite, virus che in Italia ha colpito meno di 3 persone ogni milioni di abitanti nel 2016.
L’interesse online per “meningite” e “vaccino meningite” ha avuto un picco proprio nel periodo più recente (grafico 2), testimoniato anche dalla corsa spasmodica alle vaccinazioni presso le ASL di tutta Italia.
Particolarmente interessata da questo fenomeno è la regione Toscana, i cui utenti web sono decisamente attenti alle questioni legate alla meningite (grafico 3).
In Toscana, nel corso del 2016, sono stati registrati, secondo l’Istituto Superiore di Sanità , 21 casi di meningite, che equivalgono a circa 5,6 contagi per ogni milione di abitante.
In valore assoluto Lombardia (34 casi), Lazio (30) e Piemonte (26) hanno registrato più infezioni. Quest’ultima, in rapporto alla popolazione, mostra un’incidenza superiore a quella della Toscana (5,9 contagi per milione di abitante). Non molto distante è il Lazio, con 5,1 casi per milione di residenti.
Cosa si deve quindi tutto l’interesse della Toscana verso la meningite, tre volte tanto quello del Piemonte e due volte quello del Lazio?
Una possibile spiegazione può essere ottenuta osservando la relazione tra il numero di pagine web che hanno trattato notizie sulla meningite riportando nel titolo la regione in cui si è verificata l’infezione.
Su un totale di 26 mila pagine web ben il 22% hanno riguardato la Toscana (oltre 5 mila). L’altra regione con un’alta copertura è il Veneto, ma con appena il 7% del totale di pagine (1.900 in tutto).
In definitiva, l’enfasi data su Internet dai mezzi di stampa ai casi di meningite a livello locale appare essere fortemente correlata all’interesse degli utenti sul web.
Nello specifico è pari al 75% la correlazione tra indice di interesse sul web su base regionale e il numero di pagine che trattano il tema a livello locale, contro una correlazione del 28% tra l’interesse sul web e l’incidenza del numero di contagi.
I quotidiani online e blog sembrano quindi avere un ruolo importante nel diffondere psicosi collettive.
Un’ulteriore indicazione al riguardo può essere tratta dal rapporto tra il numero di pagine web che hanno affrontato casi di meningite, evidenziando la regione in cui si è verificata l’infezione, e l’incidenza di contagi rilevata dall’Istituto Superiore di Sanità.
Tale rapporto è massimo nelle regioni del Mezzogiorno: circa 5 mila pagine web per ogni caso di meningite in Campania, 1.100 in Puglia, mille in Calabria.
Questa evidenza sembrerebbe indicare come faccia più scalpore sul web un caso di meningite al Sud rispetto ad un contagio verificatosi nel Centro-Nord d’Italia.
Il ruolo dei contenuti online
Dall’evidenze riportate in precedenza appare chiaro come e quanto i contenuti online giochino un ruolo decisivo nel forgiare le opinioni delle persone.
Su questioni chiave, come quelle mediche, è fondamentale quindi che gli utenti web abbiano accesso a informazioni affidabili.
Su tematiche connesse agli effetti collaterali dei vaccini, ad esempio, numerose sono le pagine web a cui potenzialmente un soggetto potrebbe avere accesso (grafico 4).
Ad esempio, i contenuti che trattano di “effetti collaterali vaccino varicella” sono circa 48 mila, quelli che fanno riferimento agli effetti del vaccino sul morbillo sono 30 mila.
Cosa trovano le persone quando cercano online queste informazioni?
Sulle dieci parole chiave analizzate, gli utenti trovano risultati ufficiali (ovvero siti web “.gov”) tra le prime pagine del motore di ricerca solo in 4 casi.
Il resto dei risultati sono pagine web di varia natura, quali blog, quotidiani online, nazionali e locali, e infine pagine internet il cui unico scopo è il guadagno dai clic sugli annunci camuffati tra i contenuti del sito.
Proprio quest’ultimo elemento è probabilmente alla base della battaglia dei big del web, come Facebook e Google, contro le fake news.
Google, in particolare, sta dedicando sempre più attenzione a quelle che chiama pagine YMYL (Your Money Your Life), ovvero qui contenuti web che trattano argomenti sensibili quali salute, finanza, news specifiche e questioni legali.
Nelle linee guida distribuite ai quality raters, collaboratori esterni di Google che analizzano la qualità dei risultati del motore di ricerca, Big G indica di fare molta attenzione in fase di giudizio della qualità di pagine web che trattano, appunto, di argomenti di natura sanitaria.
Si richiede particolare impegno nel considerare le fonti, delle quali va valutata autorevolezza e reputazione sul web, perché “queste informazioni – si cita testualmente – possono avere un impatto negativo sulla felicità, salute e stabilità finanziaria degli utenti”.
Oltre alle linee guida, e relativamente alla vendita di prodotti farmaceutici, Google elenca e descrive poi tutta una serie di condizioni che possono variare da paese a paese, per la pubblicazione degli annunci a pagamento sul web (Google AdWords).
Il non rispetto di queste regole comporta la sospensione dell’account. Le case farmaceutiche negli Stati Uniti, in Canada e Nuova Zelanda possono promuovere farmaci con obbligo di prescrizione medica, mentre negli altri mercati, tra i quali anche l’Italia, è consentita solo la promozione di farmaci da banco ed è necessario compilare un modulo specifico oltre a dover seguire pedissequamente le indicazioni fornite.
Vi è inoltre una lunga lista di prodotti farmaceutici e integratori per i quali Google vieta pubblicità e che riguardano, ad esempio, prodotti correlati alla perdita di peso e agli steroidi anabolizzanti.
Tra i divieti censiti da Big G c’è anche quello di fornire “indicazioni sulla salute false o fuorvianti, comprese le dichiarazioni che lasciano intendere che un prodotto è efficace quanto farmaci con obbligo di prescrizione medica o sostanze controllate”.
In Italia e in Europa è prevista la vendita a distanza, prevalentemente online, di prodotti farmaceutici senza obbligo di prescrizione. Tuttavia non è una procedura immediata.
È infatti necessario espletare alcune incombenze tra le quali richiedere l’autorizzazione al Ministero della Salute e rispettare delle specifiche prescrizioni per quanto riguarda le caratteristiche del sito web.
Rassegna stampa
Rassegna stampa del comunicato “Bufale online e psicosi digitali, quando il web non aiuta la salute“:
- Il Tempo.it
- Diario del web Salute
- MeteoWeb